Casa di Cura La Madonnina (MI)
27 Luglio 2022
Con incontinenza fecale, o disordine della continenza, si intende la condizione in cui il paziente non avverte la sensazione di dover defecare e quindi perde in maniera inconsapevole le proprie feci o il gas.
Non soltanto: sottende anche una problematica più importante con risvolti legati al disturbo in sé e alla funzionalità ano-rettale, ma anche alla socialità e alla sfera personale.
Talvolta questo è un vero e proprio disagio sociale che va a incidere sulla qualità della vita della persona.
Come riconoscere i primi sintomi e, soprattutto, come trattarli?
Ce ne parla il dottor Angelo Stuto, responsabile della sezione di Chirurgia Coloproctologica e del Pavimento Pelvico – U.O. Chirurgia Generale dell’Istituto Clinico Sant’Ambrogio, responsabile dell’Unità di Chirurgia Coloproctologica e del Pavimento Pelvico all’IRCCS Policlinico San Donato di Milano e consulente presso Casa di Cura La Madonnina, Smart Clinic e Palazzo della Salute – Wellness Clinic.
Come si manifesta
“Diverse sono le manifestazioni legate al disordine della continenza – spiega il dott. Stuto -. Queste possono andare dal semplice soiling, ovvero piccole perdite fecali che vanno a sporcare la biancheria intima, dovute al fatto di non riuscire a pulirsi in maniera adeguata, oppure all’urgenza defecatoria (urgence incontinence), cioè il fatto di dover correre in bagno quando si sente lo stimolo di evacuare”.
Quali sono le cause
Questi disordini possono dipendere dalla qualità delle nostre feci.
È chiaro che feci meno formate è più facile possano determinare episodi di incontinenza.
“È importante sottolineare che si parla di uno spettro di condizioni e che l’incontinenza fecale non è solamente il soggetto che perde le feci senza rendersene conto: affinché ci siano dei disturbi della continenza, devono esserci delle alterazioni anatomiche e funzionali delle strutture a essa deputate”.
Altre difficoltà legate alla continenza, infatti, possono essere ricondotte ad alterazioni anatomiche che riguardano:
- la struttura, ovvero l’alterazione dei muscoli, del pavimento pelvico, dell’ano o del retto;
- la funzione, dove la muscolatura è integra, ma non è in grado di funzionare adeguatamente (es. trauma spinale).
Chi soffre di incontinenza fecale
Molto spesso, le persone che soffrono di queste variabili di incontinenza fecale (es. soiling, urgence incontinence) non dichiarano questo disturbo proprio perché se ne vergognano o per altri motivi legati al pudore e alla socialità.
“È importante quindi sensibilizzare, informare, sdoganare la problematica, sapendo che esistono medici e altre figure specializzate che se ne occupano e che possono studiarla, aiutare e far stare meglio queste persone. Si sta parlando di un miglioramento della qualità di vita che è la grande differenza che esiste nel campo chirurgico quando si trattano patologie funzionali come questa”, sottolinea il proctologo.
L’incontinenza fecale è molto più frequente nelle donne rispetto agli uomini e questo è dovuto a particolari problemi anatomici legati al pavimento pelvico (es. gravidanze), in rapporto 4:1.
Anche una lassità dei legamenti del pavimento pelvico può determinare questo disturbo.
In situazioni anatomiche normali, senza difetti anatomici, le fasce di età più colpite vanno dai 50 anni in sù, sia per gli uomini, sia per le donne.
È ovvio che in presenza di lesioni anatomiche, soprattutto nella donna, quadri di incontinenza fecale possono verificarsi anche in età inferiore ai 50 e questo perché legate ai traumi da parto, con una fase espulsiva tumultuosa, dove si creano lacerazioni ostetriche a livello del corpo perineale, che possono determinare nel tempo disturbi della continenza.
“Nella grande maggioranza dei casi – continua lo specialista – si tratta di disfunzioni del pavimento pelvico che possono avere come causa il prolasso rettale, ovvero la discesa del retto che non per forza fuoriesce dall’ano, ma può anche essere interno, come se fosse un cannocchiale telescopico, determinando una alterazione della funzionalità dei muscoli deputati alla continenza anale ed anche ad una modifica delle sensibilità ano-rettale, per cui non viene riconosciuta la presenza di materiale fecale.
A causa di questa condizione, molte persone potrebbero cominciare a soffrire di episodi di incontinenza o episodi di urgenza defecatoria”.
Quando rivolgersi allo specialista
Soffrire di incontinenza non vuol dire che, per forza, tutti i giorni, si verificano episodi: sono sufficienti 2 episodi a settimana.
Per assurdo, è più sicura e gestibile l’incontinenza di tutti i giorni, rispetto a quella saltuaria.
Per cui quando arriva l’ora di andare dallo specialista?
Non c’è un numero standard di volte, ma è soggettivo: si ricorre allo specialista nel momento in cui il numero e la frequenza degli episodi alterano la qualità della vita.
La diagnosi
La prima cosa da sapere è che esistono degli specialisti che si occupano anche di questa problematica; specialisti che siano in grado di inquadrarla e di indirizzare il paziente verso gli esami diagnostici più adeguati.
Questi ultimi dipendono dal problema di base e comprendono:
- ecografia endoanale per valutare l’apparato sfinteriale;
- risonanza magnetica dinamica per valutare il movimento e la funzionalità degli organi pelvici: retto, ano, vescica, utero/vagina nella donna;
- manometria anorettale per valutare le pressioni a livello dell’ano-retto e la funzionalità della muscolatura;
- colonscopia, in casi indicati.
Una volta eseguita la diagnosi, è possibile indirizzare il paziente verso una terapia puramente riabilitativa oppure, nel caso del fallimento del trattamento conservativo, verso una terapia chirurgica.
Il trattamento chirurgico
“Il trattamento chirurgico, che prevede sempre degenze brevi, è sempre mininvasivo e può avvenire:
- in laparoscopia, attraverso l’addome;
- in chirurgia robotica;
- attraverso l’ano, transanale o transrettale.
A volte è possibile anche ricostruire l’apparato sfinterale – afferma lo specialista -.
A questo proposito, è possibile applicare dispositivi che simulano uno sfintere artificiale allo scopo di migliorare il tono e la contrazione dei muscoli dello sfintere.
In casi selezionati, utilizziamo la neuromodulazione sacrale, che consiste nell’applicazione di un device, simile a un pacemaker, che va a stimolare le radici sacrali in modo tale da aumentare la contrazione dell’apparato sfinterico.
Nel caso, invece, di prolasso rettale è possibile ricorrere alla rettopessi, per via laparoscopica o robotica, oppure attraverso interventi transanali di prolassectomia in grado di rimuovere il prolasso.
I risultati sono estremamente buoni, partendo dal presupposto che innanzitutto non deve andare a peggiorare la situazione e successivamente deve cercare di migliorarla, nei limiti del possibile”.
Il post-intervento
“Per quanto riguarda il post intervento, non vi sono particolari indicazioni, se non quella di osservare un’igiene di vita dietetica corretta: no all’aumento ponderale, sì a una dieta equilibrata – conclude Stuto -.
Io consiglio sempre al paziente di ritornare alle proprie attività, sempre con le dovute precauzioni: oltre alle sane abitudini alimentari, scegliere sport come il nuoto che non prevedono né sollecitazioni né rimbalzi dannosi per il pavimento pelvico”.

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