Che cos’è l’endocardite infettiva?
L’endocardite è un’infiammazione dell’endocardio, il sottile rivestimento delle pareti interne delle cavità e delle valvole cardiache. Ci concentriamo in particolare sulla forma infettiva, ma ricordiamo che esiste anche un’endocardite non infettiva (dovuta a malattie infiammatorie, autoimmuni o patologie, come neoplasie o deficienze immunitarie, che favoriscono depositi trombotici).
L’endocardite più spesso colpisce le valvole cardiache, ma può formarsi anche a livello di shunt o altre comunicazioni anomale tra le cavità cardiache.
Questa patologia può alterare struttura e funzionalità delle valvole. Può, inoltre, causare embolie (per via del distacco di materiale infetto) e anche danni vascolari al di fuori del cuore.
Quali sono le cause dell’endocardite infettiva?
I microrganismi che causano un’endocardite infettiva sono batteri e funghi che penetrano nel circolo sanguigno per via orale, cutanea, urinaria o intestinale e raggiungono il cuore.
Le forme più frequenti di endocardite infettiva sono di tipo batterico.
La lesione caratteristica dell’endocardite infettiva è la “vegetazione”, cioè un deposito di materiale fibrinoso e piastrine adeso all’endocardio, all’interno del quale si annidano e moltiplicano i microrganismi causa dell’endocardite stessa.
Quali sono i sintomi dell’endocardite infettiva?
L’infezione può svilupparsi in maniera più repentina e aggressiva o più gradualmente e in modo più subdolo.
I segni e sintomi dell’endocardite sono legati allo stato infettivo sistemico e all’attivazione del sistema immunitario, alla crescita delle vegetazioni che danneggiano o impediscono il corretto funzionamento delle valvole cardiache, e infine al possibile distacco di frammenti di vegetazione che raggiungono altri organi (embolie settiche).
In linea generale, si possono distinguere:
- sintomi dello stato infettivo: febbre, cefalea, astenia, malessere, inappetenza e perdita di peso, nausea e vomito, dolori ossei e muscolari;
- sintomi e segni legati al coinvolgimento delle strutture cardiache, tra cui: difficoltà respiratorie, gonfiore alle caviglie ed alle gambe, meno frequentemente dolore al torace; comparsa di un nuovo soffio cardiaco;
- sintomi e segni conseguenza di embolizzazioni settiche o fenomeni immunologici: dolori addominali e articolari, mal di testa, mal di schiena, ictus e altre alterazioni neurologiche; piccole emorragie cutanee, noduli cutanei dolenti, ischemie periferiche e diversi altri, al giorno d’oggi molti rari.
Diagnosi
Arrivare a una diagnosi di endocardite infettiva, può essere un processo difficoltoso e complesso. Un primo sospetto diagnostico può emergere se, auscultando il cuore di un paziente con febbre, viene rilevato un soffio di nuova insorgenza. In presenza di un sospetto clinico, il medico può poi prescrivere ulteriori accertamenti per definire la diagnosi.
Possono essere necessari esami del sangue per individuare batteri o altri microrganismi nel sangue (emocolture) e il rialzo degli indici infiammatori.
Per la diagnosi di endocardite, l’ecocardiogramma riveste un ruolo fondamentale, in quanto permette la visualizzazione diretta delle vegetazioni endocarditiche.
Tra gli altri accertamenti che possono essere prescritti:
- elettrocardiogramma (ECG);
- radiografia del torace;
- TAC con o senza mezzo di contrasto, PET, risonanza magnetica nucleare: permettono di individuare eventuali localizzazioni settiche extracardiache, o complicazioni a livello cardiaco e vascolare; la PET può avere, inoltre, un ruolo fondamentale nella diagnosi di endocardite in presenza di protesi valvolari, pacemaker e defibrillatori.
Trattamenti
La cura dell’endocardite infettiva deve basarsi su un approccio multidisciplinare, con un team di diversi specialisti che collaborano per l’elaborazione del percorso terapeutico più adeguato.
Il trattamento, che dura diverse settimane, prevede una terapia antibiotica mirata, con l’obiettivo di combattere l’agente infettivo isolato tramite le emocolture. In caso di emocolture negative, si procede con una terapia antibiotica empirica, cioè utilizzando un antibiotico ad ampio spettro d’azione o che agisca contro il presunto agente infettivo.
In presenza di segni di scompenso cardiaco, vegetazioni ad alto rischio embolico o in caso di insufficiente controllo dello stato infettivo, si ricorre alla chirurgia: l’intervento chirurgico è mirato alla sostituzione di valvole e alla riparazione dei danni fatti da eventuali complicazioni.
Prevenzione dell’endocardite infettiva
I soggetti a più alto rischio di sviluppare endocardite infettiva sono:
- Pazienti che hanno già avuto un’endocardite infettiva;
- Portatori di protesi valvolari o altro materiale protesico;
- Pazienti con alcuni tipi di cardiopatie congenite, o quelle in cui residuano alterazioni non corrette
Altre caratteristiche che aumentano il rischio di contrarre l’endocardite sono: altre forme di patologia valvolare, utilizzo di droghe per via endovenosa o presenza di cateteri per emodialisi o altri accessi venosi centrali.
Le principali misure preventive hanno come obiettivo quello di ridurre al minimo, idealmente evitare, la batteriemia e la conseguente localizzazione dei batteri nell’endotelio, in particolare per le categorie dei pazienti a rischio elevato e intermedio. Esse comprendono:
- Particolare attenzione all’igiene orale, con visite odontoiatriche regolari (almeno annuali, ma con cadenza individualizzata per le varie categorie di pazienti);
- Trattamento antibiotico di eventuali infezioni batteriche, sempre sotto controllo medico ed evitando l’automedicazione, che può invece favorire l’insorgenza di resistenze batteriche senza però eradicare l’infezione;
- Attenzione all’igiene della cute e accurata disinfezione delle ferite;
- Evitare piercing e tatuaggi.
La profilassi antibiotica dell’endocardite è raccomandata solo nelle categorie di pazienti ad alto rischio, prima dell’esecuzione di procedure odontoiatriche che richiedono la manipolazione del tessuto gengivale o la perforazione della mucosa orale.
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