Il tumore del colon-retto si sviluppa a seguito di una crescita incontrollata delle cellule epiteliali della mucosa di rivestimento della parte interna dell’intestino crasso, chiamata colon, o della parte dell’intestino crasso più vicina all’ano, chiamata retto. Si tratta di tumori che si manifestano con modalità diverse, sia come sintomi sia a livello molecolare, comportando quindi diversi tipi di trattamento locale (chirurgia e/o radioterapia) e di trattamento sistemico (chemioterapia, terapie biologiche e molecolari, immunoterapia), oltre alla sequenza in cui queste diverse tipologie di cure vengono offerte al paziente.

Villa Montallegro, Genova (GE)
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Come si manifesta?
In genere il cancro del colon-retto è asintomatico nelle sue fasi iniziali. I sintomi che devono indurre a rivolgersi al medico specialista sono:
- perdita di sangue dal retto o la presenza di sangue sulla carta igienica dopo l’evacuazione
- presenza di diarrea protratta nel tempo o stipsi (stitichezza) progressivamente ingravescente
- modifiche nella consistenza e nella forma delle feci
- tenesmo (stimolo inappropriato all’evacuazione)
- dolore addominale
- anemia da carenza di ferro (anemia sideropenica o ferropriva) riscontrata a seguito di esami ematici di routine
Diagnosi
La prima fase diagnostica del tumore del colon-retto si basa sulla ricerca di sangue occulto nelle feci, da eseguire ogni 2 anni, a partire dai 50 anni di età. In caso di risultato positivo, la fase successiva consiste nell’esecuzione di una colonscopia, l’esame strumentale in grado di confermare o escludere la presenza di un tumore o di lesioni precancerose (polipi) come causa della positività del test.
Sopra i 50 anni di età, è possibile eseguire direttamente una colonscopia di screening su base volontaria. La colonscopia ha infatti una maggiore sensibilità nella diagnosi delle lesioni precancerose, permettendo un trattamento tempestivo di tali lesioni. In Humanitas, la colonscopia può essere eseguita in modalità ambulatoriale e sotto profonda sedazione, evitando qualsiasi condizione di disagio.
Come previsto dalle vigenti linee-guida internazionali, ai soggetti con casi di tumore del colon-retto in famiglia, è fortemente raccomandato sottoporsi alla prima colonscopia, già dai 40 anni di età.
Trattamenti
Il trattamento del tumore del colon-retto dipende da diversi fattori tra cui la sede, la stadiazione, la presenza o meno di metastasi. La terapia può prevedere il trattamento chirurgico, che rappresenta il primo step terapeutico nella maggior parte dei casi di cancro colorettale; la chemioterapia e/o immunoterapia, che hanno un ruolo fondamentale nel prevenire le recidive post-chirurgiche, nel trattamento della malattia avanzata metastatica e, in casi selezionati in associazione alla radioterapia, a ridurre le dimensioni della neoplasia prima dell’intervento chirurgico.
1. Chirurgia
In caso di riscontro di tumore a livello del colon, la chirurgia rappresenta il primo e più efficace approccio terapeutico. Per quanto riguarda invece il tumore del retto, se localmente avanzato, il primo trattamento consiste in una radio-chemioterapia neoadiuvante e una successiva rivalutazione clinica per definire il successivo iter terapeutico. Una completa stadiazione del tumore del colon-retto è fondamentale per definire l’iter più appropriato.
I tumori del retto a uno stadio precoce, possono essere asportati mediante tecnica transanale mininvasiva (TAMIS). Si tratta di una tecnica endoluminale microchirurgica che si esegue in sala operatoria in anestesia generale e permette l’asportazione completa, a tutto spessore, della neoformazione con elevato indice di sicurezza.
Se il tumore ha invaso gli strati profondi della parete e non è possibile quindi la sua asportazione per via endoluminale (endoscopica o chirurgica), allora è necessario procedere all’intervento chirurgico (talvolta in caso di tumore del retto dopo un trattamento radio-chemioterapico neoadiuvante). L’intervento chirurgico consiste nell’asportazione del tratto di intestino interessato dalla neoplasia insieme a un adeguato margine di tessuto sano; allo stesso tempo avviene l’asportazione dei linfonodi locoregionali, la prima eventuale sede di diffusione del tumore. La parte asportata viene poi analizzata dall’anatomopatologo così da ottenere la stadiazione definitiva del tumore. In questo modo è possibile quindi stabilire il percorso post-operatorio più adeguato per ogni singolo paziente.
L’ultima parte dell’intervento chirurgico consiste nel ripristino della continuità intestinale, ricongiungendo i due monconi sani dell’intestino (anastomosi) con le più avanzate tecniche disponibili. Durante l’intervento viene controllata la corretta perfusione dei tessuti (afflusso di sangue all’intestino) iniettando un colorante vitale (verde di indocianina – ICG) prima del confezionamento dell’anastomosi e, grazie all’utilizzo di una luce con lunghezze d’onda nel vicino infrarosso (NIR) è possibile osservare la corretta vascolarizzazione dei monconi.
Talvolta, tuttavia, non è possibile eseguire un intervento ricostruttivo e al paziente viene confezionata una stomia definitiva. Questo accade quando il tumore si trova nel retto inferiore-canale anale e/o se invade i muscoli dell’apparato sfinteriale.
In Humanitas, questo tipo di interventi viene approcciato in oltre il 90% dei casi con avanzate tecniche mininvasive (chirurgia laparoscopia anche con singolo accesso “single-port”, chirurgia transanale, chirurgia robotica). Solo in pochi e rari casi si ricorre alla tecnica tradizionale laparotomica.
La laparoscopia, mediante l’induzione dello pneumoperitoneo, insufflando gas in addome, permette di eseguire tutto l’intervento chirurgico mediante piccole incisioni cutanee (di 5 o 10 mm) e, talvolta, una più grande (di circa 4 cm) per l’estrazione del pezzo operatorio. Tra i vari vantaggi, la laparoscopia permette un percorso post operatorio più agevole e veloce, molto meno doloroso e con minori complicanze legate all’infezione della ferita. L’ulteriore frontiera della chirurgia mini-invasiva è rappresentata dall’uso della tecnologia single-port (laparoscopia attraverso un unico piccolo accesso) e robotica, presenti e utilizzate in Humanitas.
Inoltre, la presenza di équipe dedicate alla Chirurgia colorettale e alla Chirurgia epatica consente di garantire i migliori standard di trattamento per i pazienti affetti da carcinoma colorettale che presentino una diffusione della malattia al fegato, con possibilità di pianificare la strategia terapeutica più opportuna e, se necessario, eseguire procedure combinate nel corso di un unico intervento. Nell’ambito della chirurgia del fegato, ad esempio, vengono utilizzate tecniche di resezione guidate dall’ecografia intra-operatoria, che consentono il massimo risparmio di tessuto epatico con riduzione del rischio operatorio.
Il recupero dopo l’intervento chirurgico è ulteriormente favorito dall’adozione di protocolli di gestione perioperatoria integrati e validati a livello internazionale, in grado di ridurre l’impatto della procedura sull’equilibrio fisiologico del paziente (protocollo ERAS).
Stomia
In alcuni casi è indicato “proteggere” l’anastomosi per mezzo della deviazione temporanea del transito delle feci, mediante il confezionamento di una stomia. Questo avviene in casi selezionati, come ad esempio per alcuni casi di cancro del retto in cui sia stata eseguita la radiochemioterapia preoperatoria.
La stomia è generalmente temporanea e la continuità intestinale viene ristabilita con un secondo intervento chirurgico a distanza di qualche mese dal primo. Raramente i due monconi sani non possono essere ricongiunti, rendendo necessario abboccare il moncone prossimale alla cute in maniera permanente. Qui viene applicato un sacchetto apposito per la raccolta delle feci.
In Humanitas è presente un team di infermieri enterostomisti specializzati che seguono passo-passo i pazienti sottoposti a stomia.
2. Chemioterapia e immunoterapia
Il trattamento medico con chemioterapia e/o immunoterapia, viene utilizzato per la cura dei tumori del colon-retto in diverse fasi della malattia. I farmaci oggi disponibili sono molteplici e possono essere usati singolarmente o, molto più spesso, in associazione tra loro.
Sulla base della stadiazione anatomo-patologica del tumore eseguita sul pezzo chirurgico, viene stabilita l’indicazione o meno a effettuare una chemioterapia postoperatoria (adiuvante) allo scopo di ridurre il rischio di una recidiva del tumore. Nei casi in cui, al momento della diagnosi, il tumore sia già in metastasi (il fegato ne è la sede più comune), la chemioterapia, eventualmente associata all’immunoterapia con nuovi farmaci biologici, diventa spesso il primo approccio terapeutico, con l’intento di far regredire o stabilizzare le lesioni nel fegato fino a consentirne l’asportazione chirurgica.
La chemioterapia e/o l’immunoterapia con nuovi farmaci biologici vengono inoltre impiegate nelle fasi avanzate, in presenza di metastasi, con l’obiettivo di rallentare l’evoluzione della malattia.
Per stabilire se i nuovi farmaci biologici, che agiscono in modo diverso rispetto ai chemioterapici tradizionali, siano efficaci o meno in un singolo paziente, può essere indicato eseguire indagini molecolari sul materiale istologico ottenuto con l’intervento chirurgico o con una biopsia. Numerosi studi dimostrano infatti che le persone il cui tumore presenta la mutazione di un gene particolare detto KRAS, non rispondono ad alcuni farmaci antitumorali mirati.