Quali sono i fattori di rischio del tumore al seno?
18 Maggio 2022
Come è noto, all’incirca 1 donna su 8 sviluppa nel corso della propria vita una neoplasia della mammella. Esistono fattori di rischio che hanno maggiore impatto sulla possibilità di sviluppo del tumore, influenzandone la crescita. Questi fattori si dividono in:
- fattori modificabili, cioè che dipendono dai nostri comportamenti e abitudini;
- fattori non modificabili, cioè che non dipendono da noi.
Avere una possibilità maggiore di sviluppare un tumore non significa assolutamente la certezza di svilupparla, ma permette un monitoraggio maggiore e una prevenzione più accurata.
La dottoressa Doris Mascheroni, responsabile dell’U.O. di Medicina Interna all’Istituto Clinico Villa Aprica, spiega quali sono nel dettaglio questi fattori e quali di questi potrebbero avere un ruolo importante nel rischio di sviluppare un carcinoma alla mammella.
I Fattori non modificabili
“Tra i fattori non modificabili, consideriamo per prima cosa l’età, in quanto con l’aumentare di questa aumenta anche il rischio di contrarre la malattia (circa il 50% delle pazienti con tumore alla mammella sono over 65), e la storia personale perché, come accade in ogni tipo di neoplasia, chi ha già contratto un carcinoma è più soggetto a una seconda malattia. Non si tratta di recidiva, ma di secondo nuovo tumore – spiega la dott.ssa Mascheroni -.
Diversa è la questione legata alla genetica, cioè all’ereditarietà: all’incirca l’8-10% dei carcinomi mammari sono ereditati perché viene ereditata la mutazione di un gene nel corredo cromosomico, detto BRCA. Ma è importante sottolineare che non tutte le donne che presentano mutazione di BRCA ereditata svilupperanno un tumore: solo all’incirca il 50% andranno incontro a malattia. Importante è quindi conoscere la presenza di questa mutazione genetica per migliorare il monitoraggio e lo screening con visite ed esami strumentali più frequenti.
Questi fattori presuppongono solo:
- una sorveglianza maggiore;
- la consapevolezza dell’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce.
I fattori di rischio modificabili
Esistono anche i fattori di rischio modificabili, cioè per i quali, in nome di una particolare attenzione alla prevenzione del cancro mammario, si deve optare per un atteggiamento di riduzione del rischio.
Particolare attenzione va posta alla familiarità. Come in tutte le storie di neoplasia, lo stile di vita è fondamentale ed è logico che, nell’ambito di una famiglia, per generazioni spesso si adottino i medesimi atteggiamenti alimentari e non. Così non è infrequente che chi abbia avuto i genitori o i nonni affetti da tumore mammario, come peraltro accade nel colon, tenda ad ammalarsi analogamente per non avere corretto le abitudini.
Di conseguenza, nella strategia di riduzione del rischio di contrarre tumore alla mammella, come peraltro altre neoplasie, va presa in considerazione una maggiore attenzione a:
L’utilizzo delle terapie ormonali
“Sull’utilizzo di terapie ormonali si aprono discussioni importanti, avvalorate con ambivalenza da più fonti di studi. Tuttavia, occorre menzionare che, più è lunga la durata del periodo fertile della donna, cioè la durata in anni tra la prima mestruazione e la menopausa, maggiore è il rischio di contrarre neoplasia mammaria. Questo evidenzia l’importanza del ruolo degli ormoni femminili nella genesi di alcuni tumori della mammella, esattamente come il fatto che chi ha uno o più figli e chi allatta i propri bambini è maggiormente ‘protetto’ dal rischio di contrarre questo tumore – continua -.
Senza nulla togliere al ruolo della terapia con estroprogestinici (pillola anticoncezionale) e al ruolo della terapia ormonale sostitutiva in menopausa, va sottolineato che queste devono essere eseguite sotto stretto controllo medico e non per lunghi periodi senza interruzioni, soprattutto per gli anticoncezionali che vengono iniziati al giorno d’oggi dalle adolescenti. Ciò perché la possibilità nel futuro di una donna di sviluppare un carcinoma mammario dipendente dagli estrogeni (ormoni femminili) non può essere sottovalutata e una massiva somministrazione di ormoni potrebbe avere un ruolo nel più rapido sviluppo di esso.
Occorre prestare molta attenzione alla secrezione di sangue dai capezzoli. Una secrezione chiara, sierosa, giallastra, lattiscente non è pericolosa, se pur meritevole di approfondimento diagnostico.
Invece la fuoriuscita di sangue, anche episodica, è segno di un papilloma dei dotti della mammella, patologia benigna che però tende con il passare del tempo, se non curata, a trasformarsi in patologia maligna”.
Da smontare, invece, è l’allarme che alcuni avvertono sul ruolo della mastopatia fibrocistica come forma precoce di tumore: la mastopatia fibrocistica è un’alterazione benigna della mammella che non presuppone la formazione di tumore.
Il caso delle protesi mammarie
“Per quanto riguarda le donne che hanno eseguito mastoplastiche, uno studio, che sarà pubblicato a ottobre sull’International Journal of Cancer, detta che le protesi mammarie estetiche non sono associate a una maggiore incidenza del cancro al seno – conclude Mascheroni -.
Pertanto, la differenza potrebbe evidenziarsi in una maggiore difficoltà di diagnosi precoce di carcinoma, anche se le tecnologie presenti oggi in Italia fanno sì che un buon radiologo possa scoprire l’esistenza di un tumore anche in presenza di protesi. È indispensabile quindi rivolgersi sempre a centri professionali, dove gli specialisti siano in grado di scoprire eventuali anomalie anche in presenza di protesi”.
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